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Roma, Camera dei Deputati, mercoledì 14 febbraio 2007
INFORMATIVA URGENTE DEL GOVERNO SULLE RECENTI OPERAZIONI ANTITERRORISMO
E SULLO STATO DELLA LOTTA AL TERRORISMO

Intervento di Marco Boato, deputato dei Verdi
Stenografico Aula seduta n. 109 di mercoledì 14 febbraio 2007

MARCO BOATO. Signor presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, il gruppo dei Verdi condivide pienamente la relazione che ha svolto in quest'aula il ministro dell'interno Amato. Ne condivide, in particolare, la ricostruzione storica accurata e aderente alla realtà, che quindi non ripercorro per ragioni di brevità.

Condividiamo anche la solidarietà espressa alle forze di polizia e di intelligence, alla magistratura e, ovviamente, in modo particolare alle potenziali vittime delle attività eversive. È già un grande risultato che in quest'aula tutti noi oggi possiamo usare l'espressione «potenziali vittime».

Signor Presidente, è completamente cambiato il contesto politico, sociale e culturale rispetto agli anni settanta e ottanta. Non esiste più quell'area di simpatia o di omertà, di falsa neutralità che negli anni settanta, purtroppo, in parte esisteva realmente, e che cominciò a incrinarsi sempre più a seguito delle reazioni popolari e delle prese di coscienza per gli omicidi Moro, Rossa, Bachelet, Galli, Alessandrini, fino all'omicidio di Giuseppe Taliercio e del povero Roberto Peci.

Esiste un terribile filo conduttore, inoltre, che lega l'attentato a Gino Giugni nel 1983, l'omicidio di Ezio Tarantelli nel 1985, l'attentato ad Antonio Da Empoli nel 1986, l'omicidio di Roberto Ruffilli nel 1988 (di cui, in quella legislatura, ero collega al Senato), l'omicidio di Massimo D'Antona nel 1999 e l'omicidio di Marco Biagi nel 2002.

Questo terribile filo conduttore porta fino ai progetti di attentato di questi giorni, per fortuna sventati, contro il professor Pietro Ichino (ricordo che egli, oltretutto, è stato mio e nostro collega, in questa Camera, nell'VIII legislatura), il quale si è comportato con grande intelligenza, forza morale e dignità politica.

Per chi si è ubriacato di ideologia, il nemico principale è chi opera per le riforme democratiche, per l'innovazione istituzionale e per la trasformazione sociale: questo è il filo conduttore delle vicende che ho testè ricordato. Dagli atti giudiziari e dalle cronache giornalistiche emerge, al tempo stesso, la pericolosità - negli obiettivi che il ministro ha puntualmente indicato -, ma anche, fortunatamente, la penosa fragilità di questo tentativo di riorganizzazione di un terrorismo di impronta movimentista, fuori dallo spazio e dal tempo.

Non esiste, oggi, più alcuna possibilità di attuare un progetto di lotta armata, nonché di realizzare un collegamento con le lotte sociali ed i movimenti collettivi. Forse in quest'aula qualcuno se lo è dimenticato, ma il conflitto, per una concezione liberaldemocratica dello Stato, è l'anima della democrazia politica, mentre la lotta armata ed il terrorismo, se mai prevalessero - ma non prevarranno! -, ne costituirebbero la morte. Una cosa sono i collegamenti politici e sociali - che non ci sono, o sono del tutto marginali -, un'altra sono i possibili fenomeni di infiltrazione nelle fabbriche, in qualche università o in qualche realtà periferica. A tale proposito, voglio ricordare al ministro Amato (che penso condivida questo mio pensiero) che il miglior antidoto contro le eventuali infiltrazioni non è soltanto la necessaria vigilanza. Mi riferisco alla vigilanza da parte non solo degli organi dello Stato, ma anche delle forze politiche e dei movimenti collettivi, la quale è sempre necessaria, soprattutto per chi è socialmente più esposto.

Il miglior antidoto contro le eventuali infiltrazioni eversive, infatti, è soprattutto il rigore della linea politica, che anche nei conflitti sociali, pienamente legittimi, deve saper rifiutare ogni forma di avventurismo e di degenerazione. Ciò vale anche per la grande manifestazione popolare e democratica di sabato prossimo a Vicenza, la quale, per l'appunto, non dovrà dare il benché minimo spazio a preoccupazioni del genere (e di questo ne siamo certi).

In questa Assemblea, sfortunatamente, da parte di qualche esponente del centrodestra e dell'estrema destra non si è persa, purtroppo, l'occasione di strumentalizzare questo dibattito come occasione di divisione politica, di attacchi ideologici, di contrapposizioni francamente volgari e non degne del Parlamento della Repubblica. Usare il terrorismo e l'eversione come occasione di lotta tra i partiti e di divisione politica ed ideologica, infatti, è il più grande regalo che questi esponenti della destra possano fare a chi punta all'indebolimento della democrazia politica ed alla lacerazione del tessuto democratico.

Tale regalo al terrorismo e all'eversione alcuni esponenti della destra lo hanno fatto anche oggi, perfino in occasione di questo dibattito. Pensate se insistessimo più di tanto nel ricordare che un ministro dell'interno definì Marco Biagi, dopo avergli negato la scorta e dopo la sua morte, «un rompicoglioni» e dovette dimettersi! Pensate se volessimo insistere un po' di più su aspetti di questo genere!

Noi, tuttavia, non vogliamo scendere su tale terreno. Noi stigmatizziamo questo grave errore di divisione politica, che qualcuno ha introdotto in quest'aula, nel momento stesso in cui confermiamo la nostra solidarietà per l'attività delle Forze di polizia, dell'intelligence e della magistratura. Rinnovo, altresì, la nostra solidarietà non solo a tutte le vittime del terrorismo di ieri, ma anche a quelle fortunatamente solo potenziali di oggi. Mi sembra, tuttavia, che tale solidarietà non possa condurre, come qualcuno ha fatto in questa Assemblea, a coprire episodi di degenerazione che sono avvenuti nel passato, perché ciò rappresenta un'altra volta una strumentalizzazione di questo dibattito politico, che meriterebbe maggiore dignità.

Per una volta comunque, signor Presidente, signor ministro e colleghi, possiamo, con soddisfazione, non trovarci in quest'aula a piangere le vittime, i morti o i feriti. Per una volta, possiamo registrare, con soddisfazione, che le armi democratiche dello Stato di diritto si sono dimostrate più forti delle armi dell'eversione e dell'antidemocrazia.

Ciò, per noi Verdi, è un segno importante della forza della democrazia politica, che noi vogliamo non limitare, ma difendere e rafforzare sempre di più.

 

  Marco Boato

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